Παρασκευή 25 Δεκεμβρίου 2015

Greece ends discrimination of gay people in civil union law / Un primo commento alla nuova legge greca sulle unioni civili






  • Gay pride in Thessaloniki, 2013. New law will allow citizens in a same-sex relationship to enter into a civil union (Photo: Ira Gelb)

Greece's parliament approved a bill late on Tuesday evening (22 December) allowing citizens in a same-sex relationship to enter into a civil union, a legal arrangement similar to marriage.
The law overrides the legal situation of the past seven years during which only men and women were allowed to have a civil union, and which the European Court of Human Rights has said was discriminatory.
  • Tsipras: 'Greek society is not as fearful and mean as some people wish to present it'
“This ends a period of backwardness and shame for the state, which led to our country receiving international rulings against it,” said Greek prime minister Alexis Tsipras, according toKathimerini newspaper.
“Instead of celebrating, though, maybe we should apologise to hundreds of thousands of fellow citizens that have been denied their rights all these years,” the left-wing leader added.
In 2008, Greece introduced civil union rights, but excluded people in same-sex relationships.
Several gay couples lodged complaints with the Strasbourg-based court, which oversees the rights established in the European Convention on Human Rights.
In a ruling of November 2013, the court said the Greek government “had not offered convincing and weighty reasons capable of justifying the exclusion of same-sex couples from the scope” of the civil union law.
Tuesday's adopted legislation attempts to correct this situation.
It was approved with 194 Yes votes and 55 No votes. The bill received support from Tsipras' Syriza party, centre-left and centrist MPs, and from around a third of members of centre-right New Democracy.
Syriza had made same-sex civil unions an election promise.
However, in Tsipras' coalition party, the right-wing nationalist Independent Greeks, six of its nine parliamentarians voted against. The neo-nazi Golden Dawn party and communists also voted against.
The Greek Orthodox Church had lobbied against the bill, with some bishops quoted as saying that homosexuality was a “crime”.
Gay rights lobby group Ilga-Europe was happy with the outcome.
“Successive Greek governments had talked about legally recognising same-sex couples and I’m thrilled to finally see these positive words translated into meaningful change for couples in Greece,” it said in a statement.
Human rights lobbyists from Amnesty also praised the result of the vote, but said more work was to be done to ensure the rights of lesbian, gay, bisexual, transgender and intersex people (LGBTI).
“Amnesty International stresses that the fight for LGBTI rights is far from over and urges the Greek government to guarantee all rights, including equality before the law (including marriage), adoption rights and legal gender recognition for transgender people,” Amnesty said in a press statement.
It added that “LGBTI people in Greece still live in a climate of hostility from which the authorities are failing to protect them adequately”.
Prime minister Tsipras said the vote showed “Greek society is not as fearful and mean as some people wish to present it”, but added that more change was needed.
“We have a long distance to cover to continue the daily struggle against every type of discrimination, especially against racism,” noted Tsipras.
“This struggle needs democratic forces and social movements to come together. It requires constant vigilance and political courage so we do not let darkness win,” he said.
The Greek vote came just two days after Slovenians rejected gay marriage in a popular vote.
Almost two-thirds of those who showed up at a referendum voted to repeal a gay marriage law passed earlier by the Slovenian parliament.

Un primo commento alla nuova legge greca sulle unioni civili

Bandera_gay_Greciadi Matteo M. Winkler*
L’approvazione da parte del Parlamento greco, il 23 dicembre 2015, di una legge sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso ha generato nel nostro Paese due tipi di reazioni. Da una parte, a ragione, si è messa in evidenza la perdurante arretratezza del  nostro Paese sul tema delle coppie gay e lesbiche, richiamando per l’ennesima volta l’attenzione del Parlamento sulla necessità di procedere con urgenza nella medesima direzione. Dall’altra parte, e in modo invero piuttosto curioso, si è rilevata l’assenza, nella legge greca, di una disciplina della stepchild adoption (l’adozione del figlio del partner), sulla quale invece il nostro Parlamento starebbe al momento lavorando, affermando così implicitamente che la legislazione italiana in preparazione sarebbe, almeno sotto questo profilo, decisamente migliore di quella greca. Nel commento che segue vorrei chiarire che nessuna di queste due visioni appare corretta, e ciò alla luce sia dell’attuale stato del diritto di famiglia in Grecia, sia dell’odierna situazione italiana.
Ma procediamo con ordine. Anche in Grecia, come da noi, l’opzione di una legge sulle coppie formate da persone dello stesso sesso si muove lungo il crinale sottile che divide la necessità costituzionale dall’opportunità politica. A dirla tutta, non è che il primo ministro greco Alexis Tsipras avesse molta scelta se non estendere alle coppie gay e lesbiche l’istituto dell’unione tra conviventi già esistente per le coppie di sesso diverso dal 2008 (Legge 26 novembre 2008, n. 3719, Riforme in materia di famiglia, minori e società, il cui testo tradotto in inglese è leggibile qui). Infatti, come lo stesso Tsipras ha dovuto ammettere nel suo discorso di accompagnamento al disegno di legge, pendeva sulla Grecia la sentenza di condanna della Corte europea dei diritti umani emessa nelcaso Vallianatos del 7 novembre 2013 (qui un commento articolato), ove la Corte aveva individuato nella limitazione alle coppie eterosessuali prevista dall’articolo 1 della citata legge una violazione del principio di non discriminazione per orientamento sessuale di cui agli articoli 8 e 14 della Convenzione. L’intervento legislativo è stato dunque a lungo atteso, ma anche necessitato da detta pronuncia.

Colpisce inoltre l’estrema rapidità con cui tale legge è stata approvata. L’annuncio ne era stato dato dal governo greco già il 9 febbraio 2015, poco dopo il suo insediamento all’esito delle elezioni nazionali di gennaio. Esattamente nove mesi più tardi, e dopo ulteriori elezioni nazionali, il progetto di legge raggiungeva l’aula parlamentare e in poco più di un mese giungeva all’approvazione finale, dopo 12 ore di discussione e con una larga maggioranza di 193 voti favorevoli contro 56 contrari.
Si badi che la legge non si occupa solo delle coppie gay e lesbiche, ma affronta il tema della discriminazione in generale. Se al Titolo I essa disciplina le unioni civili tra persone dello stesso sesso con una regolamentazione parallela e pressoché identica a quella della legge del 2008, nei titoli successivi la stessa si preoccupa di costituire un Consiglio Nazionale contro il Razzismo e l’Intolleranza e di implementare ulteriori previsioni penali in materia di discriminazione fondata sulla razza e sulla religione.
Cruciale per l’ambito che qui ci interessa è l’articolo 12, che equipara le unioni civili tra persone dello stesso sesso con il regime coniugale. Tale norma così recita: “[1.] Le altre disposizioni di legge riguardanti i diritti reciproci dei coniugi e i diritti, benefici e privilegi nei confronti di terzi o dello Stato si applicano, mutatis mutandis, alle parti dell’accordo [di unione civile], salve specifiche previsioni contrarie contenute in questa o altra legge. [2.] Con decreto presidenziale su proposta del Ministro del Lavoro, della Sicurezza Sociale e del Welfare, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge possono, dove necessario, adeguarsi ai principi di questo articolo le vigenti disposizioni di diritto del lavoro e della sicurezza sociale.” Sulla portata concreta di questo rinvio è possibile effettuare qualche considerazione.
Al riguardo, possiamo anzitutto dire che la norma estende alle coppie dello stesso sesso, tra le altre, le disposizioni in materia di risarcimento del danno da morte del coniuge e quelle in tema di violenza domestica (di cui alla Legge n. 3500/2006), delle quali in dottrina si era già lamentata la carenza con riferimento alle coppie same-sex (v. S. Drosos, A. Constantinides, The Legal Situation of Same-Sex Couples in Greece and Cyprus, in D. Gallo, L. Paladini, P. Pustorino (Eds.), Same-Sex Couples Before National, Supranational and International Jurisdictions, Springer, Berlin 2014, pp. 319-342, p. 324). Quanto inoltre all’omogenitorialità, mentre le associazioni LGBTI greche denunciano l’insufficienza del testo attuale, va ricordato che in Grecia sia l’adozione congiunta sia l’adozione del figlio del partner (stepchild adoption) sono limitate alle coppie coniugate (quello della stepchild adoption è peraltro l’unico caso nel quale è possibile l’adozione di persona maggiorenne: art. 1542 e 1579 del Codice civile), mentre è prevista l’adozione da parte dei single. Poiché l’istituto dell’adozione non è dunque strettamente riservata alle coppie sposate, è possibile ipotizzare un utilizzo del rinvio alle norme sul matrimonio di cui all’articolo 12 della legge sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso al fine, proprio in assenza di un espresso divieto, di estendere la stepchildadoption alle coppie dello stesso sesso, in attesa o anche a seguito della regolamentazione che verrà approntata dal governo greco nei prossimi sei mesi.

Quel che è certo è che suona quantomeno sorprendente, da parte di alcuni commentatori, l’idea di sfruttare l’assenza di stepchild adoption nella legge greca allo scopo di affermare una sorta di superiorità tecnica del disegno di legge in discussione in Italia. Sul punto le differenze con il contesto ellenico mi sembrano piuttosto marcate. Da un lato, in Italia l’adozione resta riservata alle coppie coniugate, mentre l’adozione del figlio del partner risulta essere stata estesa, ma solo grazie a una serie di interventi giurisprudenziali, alle coppie di conviventi sia eterosessuali sia omosessuali (la più recente espressione di questo orientamento si trova nella sentenza della Corte d’Appello di Roma del 23 dicembre 2015). A tal riguardo va ricordato che qualche mese fa in Parlamento è stato ritirato un emendamento al disegno di legge di riforma dell’affido che avrebbe consentito l’adozione post-affidataria ai single, e ciò proprio al dichiarato scopo di evitare le “adozioni gay” e dunque la formazione di famiglie omogenitoriali.
Dall’altro lato proprio la legge greca, e con essa le dichiarazioni del premier Tsipras che l’hanno accompagnata, dimostra l’assoluta priorità del riconoscimento delle coppie omosessuali a seguito di un’apposita pronuncia della Corte europea dei diritti umani, che pare invece pervicacemente ignorata dal dibattito politico italiano. Anche l’Italia, infatti, è stata condannata dalla Corte europea per la totale assenza di una legge a riconoscimento e tutela delle unioni same-sex, e tuttavia ancora oggi omette di ottemperare a questo obbligo. Anzi, dalla sentenza Oliari c. Italia del 21 luglio 2015, divenuta definitiva in data 21 ottobre 2015, emerge con chiarezza il totale isolamento del legislatore italiano rispetto agli altri organi democratici, in primis i giudici, rispetto ai quali vi è stato “un deliberato tentativo”, scrive la Corte, “di impedire l’esecuzione di una decisione finale ed esecutiva che è stato tollerato, se non tacitamente approvato, dai poteri esecutivo e legislativo[, e] che non è spiegabile in termini di legittimo interesse pubblico o di interessi della collettività nel suo complesso” (ivi, § 184). Dunque, un problema di democrazia affligge il nostro Paese, e l’isolamento non è più solo verso l’esterno, e dunque verso l’Europa e i Paesi a noi più prossimi non solo geograficamente, ma anche verso l’interno, in particolare nei confronti della società italiana.

A queste condizioni, mi pare che il passo compiuto dalla Grecia, per quanto di indubbia portata storica, rappresenti solo il primo di una lunga serie e si collochi perciò all’interno di un programma politico che ha fatto della lotta alla discriminazione un proprio punto fondamentale. Non mi pare si possa dire lo stesso della maggioranza parlamentare nostrana. D’altro canto, il percorso della legge greca mostra sorprendenti analogie con il contesto italiano. A tacer d’altro, infatti, il premier Tsipras è riuscito, con una maggioranza scomposta, una Chiesa ortodossa apertamente ostile e un Paese afflitto da una crisi economica senza precedenti, a portare a casa una legge che corregge una prima discriminazione. In Italia invece fino ad oggi, anche a voler ridurre le responsabilità del legislatore non dal primo monito della Corte Costituzionale (sent. 15 aprile 2010, n. 138, reiterato con sent. 11 giugno 2014, n. 170) ma solo all’introduzione del disegno di legge in discussione (cioé al 13 marzo 2013), non mi sembra che al tema e al relativo problema di democrazia di cui sopra si siano date l’attenzione e l’importanza che meritano.
Quel che è certo è che dall’esempio greco possiamo trarre una grande lezione morale. “Oggi non è un giorno di celebrazioni”, ha detto Tsipras, “ma un’occasione per chiedere scusa alle persone cui finora sono stati negati i diritti concessi agli altri cittadini in paesi con sistemi giuridici più avanzati. Questo disegno di legge avrebbe dovuto passare anni fa.”


Assistant Professor, HEC Paris


http://www.lifo.gr/articles/opinions/84710

Από την ΝΑΤΑΛΙ ΧΑΤΖΗΑΝΤΩΝΙΟΥ

 Ναι  θα «εκτεθώ» . Και θα γράψω για εκείνον. Γιατί του αξίζει. Και γιατί μου έλειψε προχθές ο Στέλιος μου.  Τον σκέφτομαι ούτως ή άλλως τέτοιες μέρες , σε γιορτές. Αλλά δεν είναι γι αυτό που μου λείπει ούτως ή άλλως. Είναι που τον ήθελα το βράδυ της Τρίτης όταν ψηφίστηκε το σύμφωνο συμβίωσης-κι ο Στέλιος ως πνεύμα αντισυμβατικό και υπέροχα ανυπόφορο αν και δεν συμβίωνε με κανέναν εύκολα και για πολύ, είμαι σίγουρη πώς τώρα θα  τιθάσευε την ορμή του λιγότερο για να συμβιώσει και περισσότερο για να υπογράψει εορταστικά και παράφορα αυτό που ανήκει και σ΄εκείνον.   Μα πιο πολύ λυπάμαι που δεν ήταν εδώ να ακούσει για τις καμπάνες του Αμβρόσιου. Και να γελάσει βραχνός πάντα απ΄τα μπόλικα τσιγάρα. Και κάτι «προβοκατόρικο» να σκεφτεί. Ο Στέλιος που εξασκούσε τις σπουδές υποκριτικής και το ταλέντο του κατά το ήμισυ σε ιστορικές πλάκες, τις οποίες ακόμα συζητούν οι φίλοι του στη Θεσσαλονίκη. Και που εφάρμοζε το «τρόλινγκ» μόνος, «ιερόσυλος» κι ανυπότακτος, προτού καν να ανακαλυφθεί ο όρος. «Εκτονώνεις την κοινωνική σου επιθετικότητα», επιχειρούσε να τον προσγειώσει και να τον προειδοποιήσει ο σοβαρός αδελφός του για να εισπράξει ένα (βραχνό) γέλιο και μία γερή βρισιά-αλλά σε χαϊδευτικούς τόνους.   Κι έτσι αγαπήσαμε τον Στέλιο μας. Που κι εκείνος μας αγαπούσε. Που αγαπούσε την Κάλλας. Και τα ωραία πράγματα. Και την ξέφρενη ζωή. Και που πέθανε μόνος ξαφνικά ένα πρωί στη Θεσσαλονίκη. Που ήταν ομοφυλόφιλος. Που την περασμένη Τρίτη θα ευχόμουν να ζει. Και που ήταν ο αδελφός του πατέρα μου. 




  Στα 17 του ο Στέλιος τις έφαγε γερά από τον πατέρα του με τη ζωστήρα, γιατί έντρομος κι αμήχανος του είχε εξομολογηθεί πώς τον αναστατώνει όταν κοιτάει απ΄το παράθυρο τους φαντάρους στο διπλανό στρατόπεδο να κάνουν ασκήσεις. Παιδάκι που λόγω της περίκλειστης, ενοχικής και ένοχης εποχής, δεν ήξερε τι του συμβαίνει. Ε και δεν έμελε να μάθει αμέσως, τουλάχιστον από τον ακόμα πιο έντρομο πατέρα του. Ήταν που ήταν και το «δύσκολο παιδί». Εκεινο που αναστάτωνε τη γειτονιά με ιδιόρρυθμες σκανδαλιές κι αυτοσχέδια ποιηματάκια, ένα (σε άψογη ομοιοκαταληξία) για κάθε γείτονα, προορισμένα να απαγγέλονται φωναχτά απ΄το μπαλκόνι σε όποιον του ήταν αντιπαθής. «Από μικρός πρόβλημα», έλεγε μετά η μάνα του.   Ήταν αμείλικτος ο Στέλιος μου. Και με τον εαυτό του. Και αγαπημένος.  Μερικές φορές επέστρεφε στο σπίτι με εμφανή σημάδια από βραδινούς ξυλοδαρμούς. Δε μάσαγε και δε σήκωνε «κράξιμο». Μεγάλωσε εκλεκτικός και ανυπότακτος. Έζησε στη Γερμανία, στην Ελβετία, ένα καιρό και στη Γαλλία. Μετά Αθήνα, Θεσσαλονίκη. Συλλέκτης ωραίων πραγμάτων: βιβλία, πίνακες, λάμπες, όμορφα έπιπλα, παλιά μπουκάλια φαρμακείου, παλιά κουμπιά, μεταξωτά σεντόνια, αντίκες. Το σπίτι του- το θυμάμαι- καταφύγιο καλαισθησίας. Και πάντα με μουσική. Έχω τα βινύλιά του: Μπίλυ Χόλιντεϊ και Μαρκόπουλος και Κατ Στήβενς και Μάλερ και Βάγκνερ. Και Κάλλας. Τα πάντα. «Πάλι άκουγε δυνατά Κάλλας κι έκλαιγε μέχρι το πρωί», ήταν το συνθηματικό τηλεφώνημα της μάνας του στον αδελφό του  κάθε φορά που πέρναγε ο Στέλιος ζόρια.   Ο Στέλιος μου που του έλεγα τα πάντα, τα παιδικά μου «τα πάντα».  Και με συμβούλευε υπεύθυνος και σοβαρός. Κι ας ζούσε ο ίδιος μονίμως εκτός ορίων. Απολύτως ξέφρενα. Κι ας έγιναν όταν πια επέστρεψε μόνιμα στο πατρικό του, καθημερινά τα τηλεφωνήματα της μάνας του από τη Θεσσαλονίκη για αυτά τα «ζόρια» και την Κάλλας διαπασών. Αλλά και στην Αθήνα τι ζωή! Ηθοποιός ένα καιρό, φίλος μίας παρέας καλλιτεχνών και πανεπιστημιακών, με τους οποίους κατά καιρούς μάλωνε, τα ξανάβρισκε μετά, γύριζαν μαζί στις νύχτες αυτής της πόλης. Κι έτσι έγινε μία αγαπημένη «περσόνα» της νύχτας. Έτσι τον έβαλε κι ο Κωνσταντίνος Τζούμας  στις σελίδες του «Ως εκ θαύματος»: ακουμπισμένο, με το ουίσκι του που το κατανάλωνε καθημερινό και άφθονο, στη μπάρα ενός διάσημου τότε ποτάδικου του Παγκρατίου.   Ο Στέλιος  πάντα εκτός «τροχιοδρόμησης» και άνευ φρένων. «Ποιος ήταν αυτός ο όμορφος φίλος του Στέλιου;», ρώταγα, κάποιες φορές που επισκεπτόμασταν απροειδοποίητα το σπίτι του. Έτσι μάθαμε με τον αδελφό μου τις αλήθειες. Κι έτσι τις σεβαστήκαμε. Κι έτσι αγαπήσαμε τον Στέλιο μας. Που κι εκείνος μας αγαπούσε. Που αγαπούσε την Κάλλας. Και τα ωραία πράγματα. Και την ξέφρενη ζωή. Και που πέθανε μόνος ξαφνικά ένα πρωί στη Θεσσαλονίκη. Που ήταν ομοφυλόφιλος. Που την περασμένη Τρίτη θα ευχόμουν να ζει. Και που ήταν ο αδελφός του πατέρα μου.       
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